Und alles schwieg. Doch selbst in der Verschweigung
ging neuer Anfang, Wink und Wandlung vor.

Ogni cosa taceva – ma era in quel silenzio
un incominciar nuovo, cenno, tramutamento. (I.1)



Rileggere I Sonetti a Orfeo del poeta Rainer Maria Rilke in questo tempo di sospensione, di incontro surreale tra l’apparenza e la realtà, nella vita che si richiude su sé stessa per permettere la vita altrui, ha un effetto molto forte sulla coscienza e sulla percezione di sé e del mondo. Orfeo canta il mutare delle cose, un poema per l’uomo destinato alla morte che pure vive; ma non canta da puro testimone: tesse una trama, racconta e intreccia eventi a prima vista lontani e crea legami incomprensibili solo in apparenza.

Sembrerebbe un discorso poco diretto alla musica, se non per quell’Orfeo che ne è dio e tramite, ma appena si considera quanto immediata sia la comunicazione nel suono, in un riscontro quasi simultaneo con chi ascolta, gli elementi della coscienza di sé e dell’interazione diventano fondamentali.

La didatta del canto Françoise Goddard, parlando nello specifico del canto scrive: «Chi canta cerca qualcuno per comunicare e la sua comunicazione è di tipo positivo. L’interazione che si crea fra chi emette il suono e il suo fruitore pone questa disciplina in un ambito perfettamente dinamico che riflette il senso positivo della nostra società occidentale che, per quanto criticabile, è quella a cui apparteniamo e di cui dobbiamo capire evoluzione e finalità.» (L’anima nella voce, 2006)

Evoluzione e finalità: arriva il momento per ciascuno, prima o poi, di capire il senso (significato e direzione) del proprio agire; e giunge anche per le comunità, per le civiltà, imposto solitamente da agenti esterni e nel nostro caso di “possessori del pianeta” sarcasticamente microscopici.

Quando Arvo Pärt si sentì in qualche modo costretto a fermarsi dal comporre, lo fece per quasi dieci anni, tentando di ripulire la sua percezione del suono e trattenendo pochissimi elementi scelti: la parola cantillata e il tono costante. L’Associazione Noema ha scelto nel suo percorso, in otto anni, la polifonia antica, la musica sacra contemporanea e del Novecento e Bach; ma vorrebbero essere due gli elementi essenziali delle sue azioni, quelli da trattenere anche quando agire non è possibile: il suono dell’arte e la sua comprensione.

Per entrambi il silenzio è necessità e condizione: quello interiore prima di tutto, pronto ad accogliere e a lasciarsi suggerire nuova bellezza.

È ciò che ci proponiamo e auguriamo vicendevolmente di coltivare, nel respiro profondo di ciascuno, in un momento in cui il silenzio esteriore ci è imposto, a volte mortificante, a volte solo apparente. Ci proponiamo dunque di rendere questo silenzio sano, generativo, vivido, pronto a vibrare quando sarà il momento, in modo nuovo, consapevole e maturo.

E noi a vibrare dall’interno con ciò che nuovamente toccherà le nostre corde. 

Tacito amico delle lontananze,
senti? Gli spazi accresci col respiro.
Nel buio ceppo campanario làsciati
risuonare. Quel che ti consuma

diventerà una forza, con tal cibo.
Va’ fuori e dentro nella metamorfosi.
Quale esperienza ti fa più soffrire?
T’è amaro il bere? E tu vino diventa.

Sii, in questa notte d’eccesso, magia,
nell’incrocicchio dei tuoi sensi il senso
del loro incontro arcano.

E se all’oblio il mondo t’abbandona,
all’immobile terra di’: Io scorro,
e all’acqua fuggevole: Io sono.

(R. M. Rilke, I Sonetti a Orfeo, II.29, trad. R. S. Virgillito, Garzanti, 2000)

Buona salute a tutti noi. 

Associazione Noema
Giuditta Comerci, direttore artistico

Nell’immagine: Leonid Pasternak, Ritratto di Rainer Maria Rilke, schizzo (Mosca, c. 1900)